Siamo molto orgogliose di ospitare sul nostro blog Claudia De Lillo, che ha risposto alle nostre domande raccontandoci la sua visione di famiglia e flessibilità.

Claudia De Lillo, nota con lo pseudonimo di Elasti – ha un blog seguitissimo,nonsolomamma.com, una rubrica cult su D di «Repubblica» e conduce su Rai Radio 2 la popolare trasmissione Caterpillar AM. Prima di diventare la mamma piú famosa del web, ha fatto per vent’anni la giornalista finanziaria. L’8 marzo 2012 è stata invitata al Quirinale: il Presidente l’ha nominata Ufficiale al Merito della Repubblica per aver inventato il personaggio di Elasti e per aver fatto della conciliazione tra lavoro e famiglia il suo chiodo fisso. Ha pubblicato con Tea Nonsolomamma e Nonsolodue e con Feltrinelli Dire fare baciare. Alla pari è il suo primo romanzo, edito da Einaudi.

1. Elasti è un alias che richiama un concetto a noi molto caro, quello della flessibilità come premessa fondamentale per la gestione efficace del nostro ruolo di donne e madri oggi. Tu che ne pensi a proposito? 

Io penso che alle madri ancora oggi si chieda troppo: elasticità, flessibilità, versatilità, fantasia ma anche dedizione, abnegazione, entusiasmo, responsabilità, partecipazione e persino desiderabilità. In pratica si chiedono superpoteri che nessuno invece si aspetta dai padri. E sono convinta che una società che ha bisogno di supereroi per andare avanti e crescere i suoi figli è una società sbagliata e fallita che andrebbe rivoluzionata.
2. NETuralFamily racconta un nuovo tipo di Welfare che in Italia si sta diffondendo dal basso, a partire da iniziative dirette di cittadini o organizzazioni private, spesso di piccole dimensioni.  Ci racconteresti un esempio di welfare dal basso che hai messo in campo o raccontato sul tuo blog?
Fuori dalla rete, in famiglia, abbiamo partecipato a gruppi di acquisto solidale, ho una rete di amiche della zona con cui ci aiutiamo quando serve nel recupero dei piccoli a scuola e ci alterniamo settimanalmente in una serie di compiti legati alla gestione dei ragazzi.

Professionalmente sono affascinata da queste forme organizzative: sono andata a visitare e intervistare persone che vivono in cohousing e, anni fa, quelle che organizzarono le prime esperienze di coworking.
Nel mio piccolo, con il blog e con la condivisione nella scrittura di esperienze, felicità, disagi, scelte e problemi, credo di avere creato uno spazio comune in cui molte persone attingono esperienze altrui e mettono in comune le proprie. E questo non finisce di stupirmi e farmi felice.
3. Cosa vuol dire per te disegnare politiche per la famiglia che siano efficaci e realmente valide?
Credo che debba cambiare proprio la visione della famiglia e dei figli. La società e la politica, al di là dei proclami vuoti e faziosi, considerano ancora i figli un problema delle madri, non una ricchezza della famiglia nè tanto meno un patrimonio collettivo che arricchisce e interessa la società intera.
È alle madri che si chiedono equilibrismi, conciliazione, presenza. I padri, nella visione di chi decide le politiche sociali, restano al margine, magari in ufficio a provvedere al sostentamento economico della donna e dei bambini. Questo è un approccio aberrante che oltre a essere nocivo per noi donne e per la nostra emancipazione, ingessa la società tutta e manda messaggi profondamente sbagliati alle ragazze e ai ragazzi che saranno gli adulti di domani.
Bisogna cambiare sia dal basso – e in questo esperienze come la vostra sono utilissime, ma anche, secondo me, le pratiche aziendali virtuose che incoraggino modalità innovative di lavoro per le donne e per gli uomini – che dall’alto nelle politiche per le famiglie.
4. Il ruolo dei papà nella famiglia. Qual è, se c’è, una formula vincente?
La cartina di tornasole, in una coppia di genitori in equilibrio, è un bambino che chiama la notte quando si sveglia, o ai giardini quando si fa male, o in qualsiasi momento abbia bisogno: se chiede indistintamente aiuto alla mamma o al papà significa che li considera intercambiabili e ugualmente partecipi e presenti nella sua vita.
Ma, al di là di questo, credo che si avrà la parità quando i padri avranno imparato non solo a essere bravi esecutori (e in questo hanno fatto enormi passi avanti) ma anche a prendersi le stesse responsabilità delle madri. A casa mia, il papà fa tutto e spesso anche meglio di me. Ma sono io che parlo con la pediatra quando c’è bisogno, che mi ricordo gli appuntamenti scolastici, che li iscrivo al corso di nuoto, che mi preoccupo che abbiamo vestiti, scarpe, libri scolastici, quaderni e astuccio. Sono io che conosco i loro compagni di scuola e i loro genitori, io che partecipò alle chat terrificanti e indispensabili su Whatsapp, che parlo con le maestre, che compro i regali ai loro amici quando c’è una festa.
Certo, molte cose, forse tutte, potrebbe anche farle lui ma il problema è che lui spesso ignora persino l’esistenza di queste cose oltre che la necessità di pensarci e provvedere.
5. Nel tuo ultimo romanzo “alla pari” racconti di una ragazza alla pari in una famiglia italiana. Potrebbe essere considerata una forma di welfare dal basso questo? E secondo te quali sono i punti di forza di un’esperienza del genere da entrambe le parti?
Una ragazza alla pari sicuramente è una forma di condivisione ben più che di lavoro tradizionale. In questo senso è di certo una forma di welfare atipica, anche se in realtà dipende molto da come ogni famiglia e ogni ragazza vive l’esperienza.
Dal nostro punto di vista è una esperienza di grande arricchimento culturale, oltre che linguistico, e umano. È un incontro di abitudini, di usi e di costumi che può essere molto formativo per tutti.
Naturalmente ci sono in più tutte le insidie che la convivenza e la prossimità portano con sé che richiedono accoglienza, pazienza, tolleranza.
 
6. L’ironia è un valore importante nella gestione di una famiglia? Quanto conta la capacità di sdrammatizzare le vicissitudini familiari e di viverle con la giusta dose di sorriso? 
L’ironia, ma soprattutto l’autoironia, è secondo me l’unica strada per sopravvivere al caos. Saper ridere, non prendersi mai troppo sul serio e planare sulla vita con leggerezza è una fondamentale precondizione per la serenità e a volte persino per la felicità.
7. Un segreto per sopravvivere alle sfide della genitorialità?
Come sopra, la leggerezza.