Il primo passo per la nascita di nuovi modelli lavorativi e di nuovi processi di gestione del lavoro è un cambiamento di sensibilità e consapevolezza rispetto alle potenzialità che i genitori hanno, alle competenze trasversali che maturano nello svolgimento del loro nuovo ruolo e al fatto che una maternità sul posto di lavoro può diventare valore aggiunto e non ostacolo per l’organizzazione di appartenenza. Tale cambiamento deve tradursi in nuove politiche del lavoro.

Articolo di Sara De Carli tratto da Vita.it del 14 settembre 2016

Conciliazione vita-lavoro? Per l’Ue è un diritto

Il Parlamento europeo ha approvato ieri la risoluzione per una work-life balance nel mercato del lavoro: la conciliazione è definita come «diritto». È la risposta europea alla sfida demografica, che punta innanzitutto sul prendere di mira gli stereotipi di genere e creare le condizioni perché il lavoro di cura sia ripartito in maniera equa fra uomini e donne. Altro che Fertility Day…

Fertility day, bye bye. Il Parlamento europeo ha votato ieri a Strasburgo la Risoluzione “Creating labour market conditions favourable for work-life balance” (in italiano Creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all’equilibrio tra vita privata e vita professionale, in allegato). La risoluzione è stata approvata con 443 voti a favore, 123 contro e 100 astenuti.

In attesa del Testo Unico per la famiglia annunciato dal ministro Enrico Costa per questi giorni, in 34 premesse e 64 raccomandazioni, il Parlamento europeo scrive nero su bianco il principio fondamentale che le politiche di conciliazione, per essere efficaci, devono essere un mix di elementi diversi e devono coprire le esigenze delle famiglie lungo il ciclo di vita, dalla nascita dei figli all’assistenza ai genitori anziani. Le famiglie hanno bisogno di un “pacchetto” coerente, che comprenda iniziative comunitarie legislative e non legislative in materia di congedo per i genitori, ma anche per quanti assistono un familiare; la fornitura di servizi di cura e di supporto per bambini, anziani e persone con disabilità, con un’attenzione sia all’accessibilità dei servizi sia alla loro qualità e alla loro sostenibilità economica; modalità di lavoro flessibili. COFACE – la Confederazione delle organizzazioni familiari nell’Unione Europa (54 membri in 23 Paesi) accoglie con favore questa risoluzione, che «rappresenta un passo importante nel rispondere alle esigenze delle famiglie e degli individui in Europa ed esprime un chiaro impegno politico del Parlamento europeo a lavorare per sostenere le famiglie in tutta l’UE».

Le premesse e le preoccupazioni del Parlamento europeo sono forse analoghe a quelle che hanno mosso il nostrano fertiliy day, ma l’approccio è completamente diverso, quello giusto. Tutta l’Ue è dinanzi a «sfide demografiche senza precedenti, alle quali gli Stati membri dovrebbero far fronte» (lettera A), che «trasforma gradualmente l’Unione in una società gerontocratica e costituisce una minaccia diretta alla crescita e allo sviluppo dal punto di vista sociale ed economico» (lettera B), sapendo che «le politiche a favore della famiglia sono essenziali per innescare tendenze demografiche positive» e che «le politiche da attuare per conseguire tali obiettivi devono essere moderne, incentrarsi sul miglioramento dell’accesso delle donne al mercato del lavoro e sull’equa ripartizione tra donne e uomini delle responsabilità domestiche e di cura» (lettera F). Dalle premesse intanto si può ricostruire un affresco della situazione europea odierna: la metà dei lavoratori europei nel 2015 ha lavorato durante il proprio tempo libero, il 31% dei lavoratori dipendenti vede cambiare periodicamente il proprio orario di lavoro, spesso con breve preavviso, la settimana di lavoro retribuita è di 47 ore per gli uomini e di 34 per le donne, ma sommando le ore di lavoro retribuito e di lavoro a casa non retribuito, le donne arrivano a 64 ore settimanali contro le 54 degli uomini, in tutti i Paesi Ue non meno del 34% delle madri sole è a rischio povertà, solo il 10% dei padri si avvale di almeno un giorno di congedo parentale.

Entrando nel merito delle raccomandazioni, il punto 2 afferma che «la conciliazione tra vita professionale, privata e familiare deve essere garantita quale diritto fondamentale di tutti, con misure che siano disponibili a ogni individuo, non solo alle giovani madri, ai padri o a chi fornisce assistenza» e «chiede l’introduzione di un quadro per garantire che tale diritto rappresenti un obiettivo fondamentale dei sistemi sociali e invita l’UE e gli Stati membri a promuovere, sia nel settore pubblico che privato, modelli di welfare aziendale che rispettino il diritto all’equilibrio tra vita professionale e vita privata». Il Parlamento europeo poi invita le parti sociali «a presentare un accordo su un pacchetto globale di misure legislative e non legislative concernenti la conciliazione tra vita professionale, privata e familiare» e invita la Commissione a presentare «una proposta relativa a tale pacchetto nel programma di lavoro della Commissione per il 2017 nel contesto dell’annunciato pilastro europeo dei diritti sociali» (punto 5).

Sui congedi, in particolare, il Parlamento chiede alla Commissione «di avanzare una proposta ambiziosa corredata da norme di alto livello, collaborando strettamente con le parti sociali e consultando la società civile, onde assicurare un migliore equilibrio tra vita privata e vita professionale» (punto 27), ricordando che «un migliore accesso a differenti tipologie di congedo fa sì che le persone dispongano di formule di congedo rispondenti alle varie fasi della vita e incrementa la partecipazione all’occupazione, l’efficienza complessiva e la soddisfazione professionale» (punto 28). Concretamente si auspica una estensione della durata minima del congedo parentale da quattro a sei mesi (punto 30), con due settimane di congedo di paternità obbligatorio e interamente retribuito (punto 33), con un «congedo per i prestatori di assistenza» con una flessibilità e incentivi «sufficienti a indurre anche gli uomini ad avvalersene» (punto 33) e «crediti di assistenza» per uomini e donne per maturare i diritti pensionistici.

Tra le altre cose, la Risoluzione riconosce esplicitamente le cooperative come un modello: «un enorme potenziale in termini di avanzamento della parità di genere e di un sano equilibrio tra vita privata e vita professionale, in particolare nell’emergente contesto digitale del lavoro agile, alla luce dei maggiori livelli di partecipazione dei dipendenti al processo decisionale; invita la Commissione e gli Stati membri a esaminare l’impatto delle cooperative e dei modelli imprenditoriali alternativi sulla parità di genere e sull’equilibrio tra vita privata e vita professionale, in particolare nei settori tecnologici, e a definire politiche intese a promuovere e condividere modelli delle migliori pratiche» (punto 49).