La nostra rubrica dedicata all’adolescenza è sempre più interessante, grazie a Valentina Schiuma e Antonella Nuzzolese. Oggi ci parla di separazione e individuazione, un fenomeno molto evidente quando i nostri figli cominciano a diventare “grandi”.

di Antonella Nuzzolese e Valentina Schiuma

I genitori di oggi sono molto spaventati di fronte all’adolescenza dei propri figli. Sono confusi e spaesati perché a volte quel figlio che pensano di conoscere, sembra essere un estraneo. Ci si può intromettere nella vita dei figli? Se si, quando si rischia di disturbare troppo? È davvero complicato per un adulto entrare nel mondo mutevole dell’adolescente, imparare a rapportarsi con un ragazzo che non è più un bambino e nemmeno un adulto.

La letteratura sull’adolescenza di impostazione dinamica quando affronta il problema dei rapporti tra genitori e figli adolescenti, si focalizza su quegli aspetti intrapsichci che caratterizzano il periodo adolescenziale. Ad esempio la teoria di Winnicott pone importanza al tema del “lutto evolutivo” rispetto non solo al corpo infantile ma anche rispetto all’affidarsi dei figli ai genitori. Anche  Margaret Mahaler enfatizza il bisogno evolutivo di prendere le distanze dai genitori con una conseguente sostituzione dei legami primari con quelli con i partner sentimentali e/o coetanei, approdando infine a un senso distinto del Sé come persona separata dai propri genitori.

Gli studi sull’attaccamento sottolineano che i genitori permangono come base sicura nonostante siano meno approdo delle ricerche dei figli se non nei momenti di stress e disagio. In definitiva si riattiva una rinegoziazione dei ruoli e delle funzioni familiari che coinvolge l’intero sistema muovendosi alla ricerca di nuove posizioni, nel senso che le relazioni tra genitori e figli si modellano e si evolvono.

Le teorie sistemiche si concentrano invece soprattutto sulla dimensione relazionale del processo di separazione e individuazione.

Murray Bowen pone l’enfasi sul processo di differenziazione dalla famiglia d’origine definendolo come un obiettivo che l’individuo persegue lungo l’arco di tutta la propria vita e che permette di svincolarsi dal proprio nucleo familiare d’origine attraverso un processo di autodefinizione e autoindividualizzazione.

Per Maurizio Andolfi l’obiettivo più importante per la famiglia è quello di aiutare i propri membri a migliorare il livello di differenziazione del Sé, nel raggiungimento del complesso equilibrio tra appartenenza e separazione. Non dimentichiamo, infatti, che non vi può essere alcuna separazione senza appartenenza!

In ogni caso quando parliamo di separazione e individuazione, non facciamo mai riferimento ad un mero allontanamento fisico, ma al raggiungimento di una condizione psichica che permette alla persona di percepirsi come essere finito e dotato di una propria individualità. Molti giovani adulti credono di poter raggiungere  una condizione di autonomia con l’allontanamento da casa andando in altre città per frequentare l’Università. In realtà senza una completa ed equilibrata separazione psichica, una tale situazione potrebbe trasformarsi in quello che Bowen chiama “taglio emotivo” ovvero una negazione delle proprie appartenenze, senza le quali non è possibile nemmeno capire da cosa ci si dovrebbe separare!

L’adolescenza è un momento fondamentale di questo difficile processo, ecco perché risulta così complicato e complesso. Omissioni e bugie di poco conto (che spesso fanno tanto arrabbiare e preoccupare i genitori) possono rappresentare un primo segnale del tentativo di differenziazione, poiché permettono al ragazzo di avere qualcosa di proprio, non condiviso con il resto della famiglia. L’apparente predilezione del gruppo dei pari è un altro indice dell’importante lavoro svolto dai ragazzi, senza dimenticare che nonostante apparentemente sembri il contrario, resta un profondo interesse per la propria famiglia d’origine. Non a caso molti adolescenti problematici in realtà utilizzano la loro sintomatologia per aiutare i propri genitori o comunque per portare alla luce dinamiche familiari disfunzionali.

In sistemi familiari particolarmente rigidi l’adolescente può subire un blocco del processo di differenziazione, con esiti che potrebbero contrastare uno sviluppo sano ed equilibrato.

Un primo esito disfunzionale potrebbe riguardare un rallentamento dell’esplorazione di Sé e del mondo esterno. Confini familiari “ingabbianti” potrebbero infatti limitare la sperimentazione delle proprie caratteristiche e  la ricerca di risorse nell’ambiente esterno. Questo limiterebbe la possibilità di fare sbagli, di sperimentare e di “provare vari abiti” e modi di essere nuovi. L’adolescente così perde l’esperienza e l’investimento creativo e generativo su di sé, rimanendo ancorato a modelli e funzioni imposte e non scelti che, per quanto possano far sentire sicuri, chiudono rigidamente a determinate modalità e possibilità di essere. Ricordo una paziente in particolare, una giovane adulta, che aveva richiesto una psicoterapia per scoprire il proprio Sé autentico perché incastrata “negli abiti che mi hanno cucito addosso”. In questa direzione molte sono le esperienze di Falso Sé (Winnicott) cioè di uno sviluppo della propria identità che non ha sviluppato componenti autentiche di Sé ma ha tendenzialmente sviluppato queste componenti in direzione di una compiacenza estrema verso le richieste ambientali. Questo tipo di esperienza viene nel tempo esperita come mortificante e possono comparire sintomi depressivi, tristezza, chiusura. 

Un secondo esito disfunzionale potrebbe consistere in reazioni di eccessiva opposizione verso le proprie origini familiari con il conseguente tentativo di costruire la propria identità in totale contrasto con ciò che si è conosciuto e sperimento fino a quel punto e che, inevitabilmente, fa parte del proprio essere.

Lo sviluppo dell’identità in completa opposizione verso le proposte familiari, possono portare ad esiti altrettanto disturbanti in quanto anche in questa direzione non c’è lo sviluppo di una autentico Sé ma il cristallizzarsi di soluzioni permeate di rabbia e opposizione dove, poi di fatto, una separazione non c’è mai stata.