img_1029

di Sofia Sabatino
collaboratrice parlamentare

 

 

 

 

C’è grande confusione in questi giorni sul tema “congedi di paternità” e cioè quella quota di tempo che i papà possono dedicare alla cura dei bimbi piccoli, continuando a percepire una retribuzione pari al 100% del proprio stipendio.

Qualche giorno fa è circolata la notizia del loro dimezzamento. Ma era stato anche annunciato un loro raddoppio nel 2018…insomma, una gran confusione che di certo non aiuta mamme e papà che con fatica provano a destreggiarsi fra la burocrazia italiana per riuscire ad ottenere ciò che gli spetta: il tempo da poter dedicare alla cura dei più piccoli.

Proviamo dunque a fare un po’ di chiarezza.

Premessa doverosa: in Italia siamo ancora molto indietro sulla condivisione delle responsabilità genitoriali. Mentre negli altri Paesi Europei ai papà è riservata almeno una settimana di “tempo per la cura” (che brutta la parola “congedo” che fa sembrare così in contrapposizione maternità/paternità e lavoro), in Italia paliamo ancora di una manciata di giorni. Ma questo non è, a mio avviso, un buon motivo per diffondere notizie poco chiare o che non tengono conto dei cambiamenti che, con lentezza, stanno avvenendo anche in Italia su questo fronte.

Dunque: la notizia si è diffusa per via di una nota dell’Inps che specificava l’assenza, per l’anno 2017, dei giorni di congedo facoltativi, che nel 2016 erano due. 

Nel 2016 infatti si è conclusa la sperimentazione che prevedeva 2 giorni di congedo di paternità obbligatorio retribuito al 100% e 2 di congedo facoltativo, in sostituzione alla madre.

Per capirci meglio: il congedo di paternità obbligatorio prevede che il padre si possa assentare da lavoro a prescindere dal fatto che la madre sia o meno nel periodo di congedo di maternità. Il congedo facoltativo in alternativa alla madre, prevede invece che la madre “ceda” il suo congedo obbligatorio al padre, rientrando dunque a lavoro in quei giorni. Una misura quest’ultima che non ha avuto grande successo. Sono molte poche, infatti, le famiglie che hanno deciso di fare questo “scambio”: meno del 2% secondo le stime Inps.

Questa idea della “sostituzione” fra madre e padre, ai miei occhi, è un po’ in contrapposizione con il concetto di condivisione delle responsabilità, come se più che un lavoro di squadra la genitorialità fosse una “staffetta. Non mi sembra dunque un dramma il fatto che non sia stata riconfermata.

Non credo sia una questione di tagli. Il congedo di paternità facoltativo in sostituzione alla madre costa, infatti, al bilancio dello Stato molto meno di quello obbligatorio: stiamo parlando di 1 milione di euro, contro 10 milioni per ogni giorno di congedo obbligatorio. Questo perché per il congedo facoltativo deve essere stanziata “solamente” una quota che copre la differenza fra il congedo di maternità (retribuito all’80%) e quello di paternità (retribuito al 100%) e in generale fra gli stipendi femminili generalmente più bassi di quelli maschili.

Mi sembra invece più interessante la novità in corso: fino ad ora le sorti del congedo di paternità erano legate a sperimentazioni che dovevano essere rinnovate di anno in anno. A partire dal 2017 la misura prende invece un respiro più di lungo periodo: si confermano infatti i 2 giorni di congedo di paternità obbligatorio, e vengono in prospettiva aumentati i fondi per arrivare a 4 giorni nel 2018. In più nel 2018 è previsto un ulteriore giorno di congedo facoltativo in sostituzione alla madre.

La speranza è che la discussione si riapra in concomitanza con la prossima legge di bilancio, e che si riesca ad aumentare progressivamente i giorni, fino ad arrivare ai 15 previsti dalla proposta di legge 3376 Di Salvo – Fedeli. 

Succederà? Chissà! Intanto anche l’Ue indica che questa è la giusta direzione, e questo fa ben sperare.